LA STORIA DI MICHELE

LA STORIA DI MICHELE

Questa settimana vi raccontiamo di Michele attraverso le parole della sua mamma. 

“Ha mai pensato che suo figlio potesse essere autistico?” 

Mi chiese il neuropsichiatra e io ripensai a tutte le volte che lui dondolava sulla sedia, camminava avanti e indietro perso nel suo mondo, a quando per il chiasso si portava le mani alle orecchie e incassava la testa tra le spalle. Ripensai alla solitudine che aveva scelto, agli scatti di rabbia da bambino, alle volte che mi ripeteva “non mi capite”.

E poi c’erano i numeri, da quando a quattro anni prese in mano una matita e anziché disegnare la mamma con la testa di sole, lui scriveva numeri ovunque. Una volta mi mostrò un quadro astratto, aveva usato tutti i colori disponibili, ne risultò un insieme di linee tutte aggrovigliate e colorate. E mentre lo fissavo compiaciuta iniziai a notare un 8, un 3, un 2, 4, 9,  7, 1..tutti i numeri fino a 50. A 4 anni.

Da bambino era facile che si lasciasse trasportare da noi alle feste, ai compleanni, alle pizzate, per questo il suo isolamento volontario non si notava molto. Però ogni tanto andava in sovraccarico, ora lo so.

Ho commesso molti errori negli anni, ogni volta che gli ho detto di star fermo con le mani, di non dondolare, di integrarsi. L’ho obbligato ad uscire e lui per farmi felice ha ubbidito, andando in sovraccarico emotivo. 

“Basta numeri! Ti proibisco di portare il quaderno quando usciamo”

“Ti prego, mi fa rilassare” 

Nessuno si estranea a 15 anni, insomma, son gli anni dell’aggregazione! Degli amici che vengono a prenderti a casa, dello specchio occupato dalla loro immagine mentre scolpiscono i capelli e osservano i pettorali.

Un giorno ho pianto.

“Perché è così diverso?!” Mi chiedevo.

Quando è arrivata la diagnosi mi ha dato lui la risposta: 

CERTO CHE SONO DIVERSO, TUTTI SIAMO DIVERSI, OGNUNO È A MODO SUO, NON MEGLIO, NON PEGGIO, SOLO DIVERSO.

Paradossalmente da quel giorno in cui ho letto “autismo di tipo 1 ad alto funzionamento” il mio cuore ha trovato pace e nel giro di qualche mese mio figlio ha cominciato a scalare la montagna dei numeri. Passo dopo passo, in totale serenità ha raggiunto gli obiettivi che si era prefissato.

Il mese scorso ha raggiunto la vetta ed io la mia: è partito da solo a Pisa. Ha preso un aereo senza accompagnatori o amici ed è stato lontano da casa 6 giorni per effettuare uno stage alla Normale.

Diciamo che ha saltato le tappe intermedie, dalla cameretta direttamente al volo senza passare per le avventure classiche che affrontano gli adolescenti prima di allontanarsi dal nido. Ma ho capito che non dovevo fermarlo, non più!

Oggi è felice, ha trovato il suo posto nel mondo.

Perché lo racconto? Perché credo che conoscere le varie sfaccettature dell’autismo possa aiutare tutti ad affrontare con naturalezza le diversità, a rispettare i tempi diversi, le necessità che non sono quasi mai le stesse dei neurotipici e a non vederle solo come stranezze.
L’autismo gli ha tolto qualcosa, ma gli ha regalato una mente straordinaria e se il mondo è così grande è perché c’è un posto speciale anche per lui.

4 commenti su “LA STORIA DI MICHELE”

  1. Solo una donna come lo sei tu, poteva descrivere così un ragazzo come il tuo.

    Con parole e immagini non banali, con quella realtà che un “mondo diverso” può dare. Un abbraccio.

  2. Nonostante le paure e le enormi preoccupazioni, non eravate “persi”, ma Vi siete felicemente ritrovati. Fra non molto ognuno per la propria bellissima “strada”.

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